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Poteri assassini politicamente corretti

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INTERVISTA DI LUIGI TEDESCHI A MARCO DELLA LUNA 

SUL SUO LIBRO DI AFORISMI

“POTERI ASSASSINI POLITICAMENTE CORRETTI”

Aurora Boreale Editrice – 2024 – pp. 300 – € 18

1) D.: Tra i vari filoni di questa tua ultima raccolta di aforismi, spicca quello del declino dell’Occidente, dal quale gli altri sembrano dipartirsi, a mo’ di ramificazioni. L’Occidente, unitamente al sistema neoliberista e globalista, impostosi con l’unilateralismo americano, è giunto ormai al termine del suo ciclo di espansione imperialista. La superpotenza americana, che ha fondato il suo dominio planetario sul primato dell’economia finanziaria, non è più in grado di competere sul piano industriale con le potenze emergenti. Pertanto, l’economia americana può sostenersi solo fagocitando i suoi partners occidentali. Gli USA quindi hanno messo in atto un piano di deindustrializzazione dell’Europa con la distruzione della potenza economica tedesca (sabotaggio del Nordstream), e il depotenziamento della Francia, e con la destabilizzazione delle ex colonie africane. Germania e Francia, al fine di preservare la loro leadership nella UE, mirano al default dell’Italia e dei paesi del sud. L’Occidente dunque può sopravvivere solo cannibalizzando se stesso? E cosa ne sarà dell’Occidente quando, al termine del processo di cannibalizzazione economica, avrà distrutto tutte le sue risorse?

R.: Non dovremmo chiamarlo “Occidente”: l’Occidente ha cessato di essere occidentale, e quindi è tramontato, circa 1.500 anni orsono, quando è stato sovrascritto da una religione orientale, semitica per la precisione, quella giudaico-cristiana, portatrice di un insieme di principi, sensibilità, concezione della storia, della natura, dell’uomo, dell’etica, profondamente alternativi a quelle occidentali, a cominciare dal monoteismo escludente e dall’idea che il mondo avanzi verso una conclusione, un giudizio finale. Questo è un dato di fatto, non un giudizio di valore. Da allora, laddove c’era una civiltà occidentale, sta una civiltà diversa, composita.

Vi è un secondo errore di fondo nella corrente prospettazione del “declino dell’Occidente”: essa presupporre che l’Occidente sia al timone di se stesso, artefice delle sue sorti e della sua rovina, mentre l’Occidente da più di due secoli non è a guida occidentale. Non ha più una testa occidentale. Il dominio planetario è certamente stato fondato sul primato dell’economia finanziaria, ma non dagli americani né dai britannici, bensì dalle famiglie dinastiche della grande finanza ebraica (anche se sarebbe da verificare quanto di etnicamente e religiosamente ebraico ci sia in esse), iniziando con i Bnai Brit e con i prestiti bellici durante le guerre delle Coalizioni contro la Francia rivoluzionaria, e poi contro Napoleone. Quelle famiglie, nel corso della storia successiva, hanno continuato a stimolare le guerre, le rivoluzioni, e a finanziare tutti governi coinvolti, per la guerra e per la ricostruzione, in modo di indebitarli e acquisire un potere di condizionamento su di essi. L’autonomia della politica rispetto alla finanza e gli spazi di partecipazione popolare alle decisioni importanti si è gradualmente ristretta, fino alla quasi nullità di oggi. L’ex-Occidente (che Fusaro chiama “Uccidente”), dietro le forme istituzionali, è da allora guidato da queste famiglie, dalla loro concezione del mondo e dai loro multigenerazionali progetti, dapprima in ambito economico-finanziario, e subito dopo politico (perché la politica agisce in forza delle disponibilità finanziarie), e successivamente anche culturale. Sono esse, sub specie di neoncons (vetero)evangelici, le vincitrici dell’ultima tornata storica in Medio-Oriente: l’acquisizione di una Siria “libera” (cioè liberista e aperta al mercato) per mano jihadista e l’espansione di Israele verso l’area del Grande Israele. La sconfitta dell’Iran e della Russia, che avevano erroneamente impostato la loro lotta come lotta contro Stati anziché contro un sistema di potere che consiste essenzialmente di un metodo (finanziario).. E, in conclusione, l’allontanamento del multilateralismo.

Si tratta, ovviamente, non di tutto il popolo ebraico, anzi non del popolo ebraico o dei fedeli israeliti (che anzi sovente sono sacrificati ad obiettivi di potere), ma di dinastie censuariamente elitarie, definibili come talmudiste dal punto di vista ideologico, e soprattutto di alcune correnti più politicamente suprematiste, disinibite e aggressive nei confronti dei non-ebrei, alcune delle quali incitano alla trasgressione di ogni etica (e sono perciò aborrite dagli ebrei ortodossi): shabadaisti, frankisti, leibovitzer. Rothschild, Rockefeller, Moses, Warburg, Morgan, Lazard, Fink (già Finzi in Italia), Disraeli, Elkann… per fare qualche nome.  Se andate a verificare, esse controllano la quasi totalità delle grandi società finanziarie e delle banche, e hanno una presenza dominante agli alti livelli della politica soprattutto anglo-americana (sono dei loro l’attuale presidente de facto, Blinken, e il genero di Trump, ed Elon Musk, e il “dollarizzante” presidente argentino Milei), e altresì nell’industria culturale e dell’intrattenimento, soprattutto nelle sedi dove si decide come orientarla, come dirigere la mentalità, i costumi, le mode, i modelli di sviluppo, la finestra di Overton, Hollywood (globalismo, wokeismo, genderismo, BLM…). La potenza culturale che esercitano si vede da come, già secoli fa, i britannici e poi gli statunitensi wasp arrivarono a sentirsi e a pensarsi e a parlare di sé quasi identificandosi col popolo ebraico ed eletto.

Ebbene, il declino culturale, civile e morale degli occidentali -invero il declino non è solo dell’ex-Occidente, ma pure degli occidentali come persone, un declino antropologico- è arrivato al punto che ormai le masse degli occidentali corrispondono bene all’idea israelitica di goyim (“armenti”), con cui la loro tradizione, che è suprematista ed etnicista, indica spregiativamente i gentili, cioè gli altri popoli, attribuendo loro qualità animalesche di scarso dominio di sé e basse capacità cognitive, che invero si rispecchiano sempre più nelle nuove generazioni occidentali: edonismo, disimpegno, mollezza, ignoranza, deboscia, tossicomanie, alcolismo… L’Occidente ha esaurito la sua funzione come veicolo e piattaforma per quelle dinastie del popolo eletto, e viene lasciato cadere nella geenna, nella discarica, della storia. Forse subentrerà ad esso una nuova, efficiente piattaforma. Forse la Cina avrà questo onore. In ogni caso, gli israeliti di élite non seguono affatto l’Occidente in questa caduta, che invece travolge anche molti commoners ebrei nelle sue tragedie e miserie. Essi mantengono appieno la loro vitalità e i loro alti standard e la loro egemonia si regge su pilastri in tutto il mondo o quasi, e questa divaricazione tra loro e l’Occidente rende sempre più visibile questa dualità. Anzi, proprio in questi anni Israele, popolo e stato, retto da fanatici, alza sempre più la testa, la voce e la spada. Proprio questa è la sua Ora. Quella del compimento delle profezie. Del Destino suo (non dell’Occidente).

2) D. Il declino della civiltà occidentale ha coinciso con l’avanzata del progresso tecnologico. Infatti, lo sradicamento dell’identità culturale dell’Occidente ha potuto realizzarsi con l’imporsi della virtualità mediatica, che ha alterato la percezione della realtà, rendendola soggettiva e immateriale. L’onnipotenza del Dio trascendente è stata invece umanizzata e materializzata con l’I.A. e l’avvento della scienza transumanista. E’ l’uomo – dio, con la sua illimitata volontà di potenza ad assurgere a creatore e manipolatore di se stesso. La tecnologia avanzata, coinvolge nella sua spirale dissolutoria sia l’aldilà che l’aldiquà. La deriva nichilista del progresso tecnologico non si manifesta in questo sistematico annientamento della dimensione sia materiale che spirituale dell’uomo, che con la morte di Dio giunge anche alla decomposizione di se stesso?

R.: Anche l’ascesa dell’Occidente è coincisa con il progresso tecnologico: ciò vale per Roma, vale per il Rinascimento, vale per le conquiste coloniali, vale per le rivoluzioni industriali. Perciò non vedo correlazione tra sviluppo tecnologico e declino dell’Occidente. Piuttosto, vedo questo declino, come anche tu lo vedi, correlato alla virtualizzazione della realtà, alla finanziarizzazione dell’economia e della politica, alla soggettivizzazione dell’etica, al post- e transumanesimo, al nichilismo, alla morte del divino – evoluzioni in cui il ruolo propulsivo degli intellettuali e dei banchieri ebraici è stato, e sempre più è, primario. Essi sono il fondatori del Nuovo Mondo, Nichilista, il Nullistan.

In quanto al materialismo e alla fine della metafisica, osservo che, fino a Maimonide, la stessa religiosità ebraica è concreta e altamente materialista, incompatibile con l’idea platonica od aristotelica o neoplatonica dell’essere e del divino (la kabbala speculativa o mistica è neoplatonica, nasce in epoca ellenistica e fiorisce in epoca medioevale, e in ogni caso riguarda pochi studiosi).

3) D.: Israele conduce una guerra di sterminio che viene intesa come esistenziale per la propria sopravvivenza. Pertanto il genocidio dei Palestinesi è necessario, in quanto una sua sconfitta comporterebbe il venir meno della sua identità teocratica di popolo eletto e la fine del mito fondativo del “Grande Israele”. Allo stesso modo gli USA hanno intrapreso una Guerra Grande che è esistenziale per la preservazione della propria egemonia mondiale ed il sussistere del mito dell’eccezionalismo americano, che, qualora venisse meno, la dissoluzione degli Stati Uniti sarebbe inevitabile. Israele e gli USA sono dunque accomunati da un unico paradigma: la guerra permanente ed il genocidio sono per loro necessari mezzi di sussistenza, onde scongiurare il loro suicidio interno. Da questa dicotomia genocidio / suicidio non emerge dunque la realtà di un ordine mondiale fondato sulla logica hobbesiana del bellum omnium erga omnes, che si tramuta, secondo la dottrina veterotestamentaria, in guerra santa? Ma tale paradigma non è geneticamente connaturato all’ideologia liberale, che prefigura, sia sul piano politico che economico – sociale, una società individualista ed esasperatamente conflittuale strutturata sulla dialettica del suicidio / genocidio? Il modello occidentale non contiene in sé i presupposti della sua stessa autodistruzione? Il binomio suicidio / genocidio, non può quindi configurarsi come l’esito ultimo dell’era della globalizzazione?

R.: Si sta configurando una società che è monopolista o cartellista in alto (le multinazionali che controllano moneta, credito, energia, informazione, materie prime), e che in basso è individualista, nel senso di atomizzata, e insieme massificata, omogeneizzata. Più che mai frammentata in molti, artificiosi microconflitti orizzontali (a copertura di quello vero, verticale), come quelli istigati col gender, col wokeism, col Cancel Culture, col BLM, quindi incapace di un’azione politica compatta.

In quanto allo Stato di Israele (avamposto mediorientale della finanza angloamericana e della sua industria petrolifera), esso sta combattendo una guerra esistenziale, mors-tua-vita-mea, dove il traguardo non è più la mera sicurezza nel territorio conquistato sinora, ma il Grande Israele delle profezie e dei loro odierni cultori, dal mare al Nilo e all’Eufrate territorialmente, e politicamente su tutte le genti. Noi non lo pensiamo, non lo sappiamo, non lo vogliamo nemmeno credere, anche perché i massmedia ce lo nascondono e perché noi leggiamo e immaginiamo l’ebraismo e il suo Signore attraverso la lente bonaria del Vangelo, ma oggi  più che mai il sionismo sta lanciando e mettendo in pratica (per ora contro gli arabi, ma domani può toccare ad altri) espliciti messaggi, proclami e teorie, sempre in linea con le profezie suprematiste, che apertamente tematizzano l’odio, il genocidio e il razzismo, saldamente predicati e canonizzati nella Torah e facenti parte della storia della fede di quel popolo – basti leggere le gesta di Giosuè. Io però non condanno, non parteggio né simpatizzo per alcuno: i nemici di Israele non sono preferibili. Sono i due denti di un’unica tenaglia, come già ho scritto.

Anche gli USA, che si concepiscono o concepivano (il mito è in forte appassimento) come la nazione eletta, moralmente superiore e chiamata a dominare il mondo esportando democrazia e consumismo, sono impegnati in una guerra esistenziale, perché essi dipendono, per finanziare l’American way of life e l’egemonia semi-globale di cui a tutt’oggi godono, seppur sempre meno, dall’accettazione-domanda internazionale del Dollaro come moneta di riserva – accettazione e domanda sempre più minacciate ed erose dai BRICS e dalla loro nascente piattaforma di pagamenti alternativa allo SWIFT. Come hai detto, per tenersi a galla gli USA sono arrivati a vampirizzare l’Europa Occidentale, fino a svenarla economicamente. Non so se e dove si fermeranno, Certamente il fosforo bianco e altre armi proibite rientrano tra le opzioni già attuate (vedi in Iraq).

4) D.: L’ordine economico e politico scaturito dalla globalizzazione è ormai in disfacimento. Il sistema neoliberista, unitamente all’unipolarismo americano, ha fatto il suo tempo. Pertanto il capitalismo può sopravvivere a se stesso e ai propri fallimenti mirando ad obiettivi che trascendano la realtà del proprio presente storico. In questa ottica è quindi inquadrabile la quarta rivoluzione industriale, la transizione green, la scienza transumanista, il progetto dell’umanità multi planetaria, quali prefigurazioni di un mondo nuovo idealizzato al fine di esorcizzare i mali del presente. E, in questa logica evolutiva, le guerre, i genocidi, la povertà, le epidemie, si configurano come mali necessari per preservare selettivamente la specie, in vista dell’avvento di un ordine globale in cui si istauri una governance elitaria e tecnocratica capitalista. Il capitalismo, non vuole perpetuarsi trascendendo se stesso, proiettandosi cioè verso un nuovo millenarismo laico improntato alla selezione eugenetica della specie umana? Questa aspirazione millenaristica, non si configura come una riproduzione degenerata delle utopie dei secoli scorsi, scaturita dalla ideologia del progresso illimitato, connaturata al capitalismo, definito da alcuni come una religione senza redenzione?

R.: Gli obiettivi che hai menzionato, e che sempre più si rivelano in parte non realizzabili e in parte non sostenibili, sono in realtà programmi per gestire il declino e il tragitto dell’Occidente verso la discarica che lo aspetta. Verso la geenna. Mi pare oramai chiaro che la rotta verso la discarica passa per la suddivisione del pianeta in blocchi in lotta cronica e asimmetrica tra loro. Questo è un assetto più funzionale per il governo del mondo, rispetto a quello dell’unico Stato globale (il “villaggio-mondo”), perché, a differenza di questo, mantiene soddisfatto il bisogno umano di identificarsi con un gruppo dei “nostri” e contrapporsi ai gruppi degli “altri”, per viverli ora come nemici (proiettando su di essi i malanimi interni alla comunità di appartenenza, e così abbassando la conflittualità interna ad essa). Quindi non mi aspetto la società globale, bensì una regia sovragestoria dei blocchi conflittuali di un mondo multipolare già in cantiere.

Tutto ciò nella cornice di un millenarismo tipico della prospettiva talmudica, che concepisce la storia come rettilineare, avente un inizio (creazione) e una fine (Armageddon, guerra e vittoria finale dei fedeli), e avanzante a passi di evoluzione e di progresso verso una salvazione finale più o meno metafisica. Prospettiva che sente i tempi come oramai maturi, e che cerca, fiduciosamente (o follemente, secondo alcuni), ma in linea con le sue Scritture, lo scontro finale, dalla Palestina al Donbass. E, nella sua frenesia guerriera, ha oramai bruciato i benefici di insindacabilità morale acquisiti a seguito della Shoah, in quella che Costanzo Preve chiamava “la religione olocaustica”, e forse non è pienamente consapevole del rischio complessivo a cui si sta esponendo, scoprendosi come si sta scoprendo.

5) D.: Il destino dell’Occidente non si identifica con quello del mondo. La fine dell’egemonia americana coincide con la disgregazione della società occidentale. Il modello neoliberista improntato alla espansione illimitata della crescita economica, dei consumi, delle conquiste militari, del progresso illimitato, ha sradicato i valori identitari della società occidentale. Il capitalismo si è potuto espandere illimitatamente perché incontrastato, rimasto cioè privo di avversari nella sua ascesa. Con la fine delle culture premoderne è venuto meno il katechon? Le potenze emergenti degli Stati Civiltà, non si sono affermate proprio in virtù della loro capacità di adeguare la spinta innovatrice della modernità alle loro culture originarie, che hanno opposto il loro katechon etico – religioso dinanzi alla espansione dei fenomeni degenerativi del modello occidentale quali l’ideologia woke, l’individualismo liberal dei diritti umani, la cultura gender, l’LGTB, ecc…?

R.: Ammesso che il destino dell’Occidente si sia mai identificato con quello del mondo, lo ha fatto per breve tempo. E gli USA, come ho detto, non sono a guida occidentale da molto, molto tempo. Il capitalismo industriale ha lasciato il passo e l’egemonia politica a quello finanziario, speculativo, improduttivo, apolide. Il quale non ha oppositori perché è capace di produrre moneta senza limiti oggettivi e può comprare ogni consenso – e già questo toglie di mezzo buona parte del katechon, del fattore frenante alla sua “demoniaca” espansione. Oramai l’Intelligenza Artificiale e l’automazione, rendendo superflua la gran parte dei lavoratori, consentono al capitale finanziario di affrancarsi dalla stessa società e dal mercato, che ne è espressione, quindi dai loro vincoli (vedi i miei Oligarchia per popoli superflui e Tecnoschiavi). Ma con l’affrancarsi del capitale dalla società, avviene che il capitalista può affrancarsi dal capitale, e poggiare il proprio potere direttamente sull’apparato tecnologico di monitoraggio e governo delle genti, facendosi tecnocrate sopra una società ridotta a condizione zootecnica. E con questo un altro pezzo di katechon viene meno.

Tra gli stati-civiltà, la Cina non è katechon perché è una società compiutamente orwelliana, mentre  la Russia conserva un vivo legame con l’anima tradizionale religiosa del popolo, ma quest’anima, questo residuo katechon, è debole rispetto alla potenza della finanza e ai connessi processi culturali, perché la religione cristiana è strutturalmente contraddittoria, essendo stata costruita dai teologi (non sindaco qui la sua componente mistica) come un cavallo di Troia per veicolare dentro l’Occidente, che allora era l’Impero Romano, quella toraico-talmudica, mascherandone le asprezze e i progetti  sotto il sembiante di bontà, perdono, mitezza (anche la religione ebraica, del resto, è stata costruita dall’uomo, come evidenziano storici e filologi). Oggi molti leggono in alcune sorprendenti espressioni di Francesco uno sganciamento dall’Antico Testamento, in quanto troppo duro e sanguinario, per restringere il Nuovo Cristianesimo al Nuovo Testamento, alla più consona e accettabile figura di Gesù. Ma questa operazione non è possibile, perché il Nuovo Testamento non si regge senza il Vecchio e senza la storia del peccato originale e della Caduta: se togliamo la Caduta, allora non ha più senso Gesù, il Redentore. Credo piuttosto che Francesco navighi verso uno svuotamento contenutistico e dottrinale del Cristianesimo per farne una religione generica, socio-sentimentale, adatta a un’umanità mucillaginosa e universalizzata. Buona per il Nullistan.

L’ultimo, vero bastione del katechon, che domani potrà divenire anche fattore di palingenesi, è oggi la Nazione-Civiltà bharatya (indiana), radicata da millenni ininterrottamente nella vera alternativa psicologica e ontologica al riduttivo e insostenibile binomio Torah-Talmud, ossia nelle Upanishad e nel Vedanta.

 

 

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