L’Europa che molti sognano sovrana ed indipendente in realtà non è altro che una colonia degli Stati Uniti. Nel corso del XVII sec. si affermò lo Ius publicum Europaeum con cui si era riusciti a conseguire un reale progresso circoscrivendo e limitando la guerra sul continente. Con il trattato di Versailles e la crescita della potenza degli USA si introdusse il concetto di responsabilità della guerra e di crimini di guerra e quindi la criminalizzazione e la disumanizzazione del nemico: una guerra finalizzata all’annientamento dell’avversario. L’indipendenza europea è una pia illusione, con l’appartenenza alla NATO, la UE è divenuta la succursale economica dell’Alleanza Atlantica senza alcuna velleità anche di una minima autonomia.
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, si è iniziato a favoleggiare sulla necessità che i paesi europei si fondessero in un unico soggetto politico. Le dimensioni territoriali e la forza demografica di U.S.A. ed U.R.S.S. suggerivano di unire le nazioni del Vecchio Continente per poter provare a reggere il confronto con le due superpotenze. Nel corso degli anni, si sono accavallate diverse ipotesi su quale forma dovesse prendere questa nuova unione di stati senza andare mai oltre disquisizioni di natura puramente accademica. Da Charles De Gaulle che parlava di Europa delle patrie ad Altiero Spinelli propugnatore convinto del federalismo, le idee espresse sono state tante e fumose e non si è mai approdato a nulla di concreto. Soltanto sul piano strettamente economico si sono fatti dei passi in avanti: nel 1951 si è costituita la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, successivamente, nel 1957 il trattato di Roma (MEC) liberalizzava la circolazione delle merci all’interno dei paesi aderenti, fino ad arrivare ai giorni nostri all’Unione europea.
Lo scoppio della guerra tra Russia ed Ucraina ha dato nuova linfa ai fautori della costituzione di una nuova entità che abbia una sola politica estera e militare in grado di affrontare i nuovi scenari che una guerra al centro dell’Europa presenta. La risposta a Putin è stata, nel complesso, unitaria. A parte l’Ungheria, tutti i paesi hanno aderito alle sanzioni contro il presunto aggressore, supportando nel contempo economicamente e con fornitura di armamenti l’Ucraina. Naturalmente Polonia e Paesi baltici, nemici storici della Russia, hanno agito con maggiore forza e determinazione, Italia, Germania e Francia, “obtorto collo” in quanto questi provvedimenti colpiscono principalmente i loro stessi interessi. Tutti gli altri paesi invece si sono adeguati, con maggiore o minore convinzione, agli ordini provenienti da Washington. Il punto focale infatti è proprio questo: “gli ordini provenienti da Washington”. L’Europa che molti sognano sovrana ed indipendente in realtà non è altro che una colonia degli Stati Uniti i quali, attraverso la NATO, impongono una politica estera funzionale ai propri interessi avvalendosi nel contempo delle truppe d’appoggio – alla stregua degli auxilia dell’esercito romano – fornite dalle regioni sottomesse, le colonie dell’impero statunitense. E’ uno status di sudditanza che dura da ottanta anni e non sembrano esserci le condizioni affinché le cose cambino. Manca una forte volontà politica di modificare questa situazione. La classe di governo dei vari paesi non si dimostra all’altezza di guidare quella che sarebbe una svolta epocale, impegnandosi in una vera e propria guerra di indipendenza dell’Europa nei confronti degli USA. Non è all’altezza ma non sembra neanche desiderosa di farlo. Una tale battaglia presupporrebbe determinazione, coraggio e soprattutto carisma. Nel panorama politico europeo non emergono figure che riuniscano queste qualità. Molto più comodo amministrare per conto terzi, alla stregua di un governatore di una provincia imperiale, rispondendo direttamente a Washington.
La mancanza di una leadership all’altezza del compito, potrebbe, però, non essere il problema principale. Il vero ostacolo essendo rappresentato dalla conflittualità che, da sempre, ha caratterizzato i rapporti tra gli stati europei e la enorme disomogeneità culturale, di abitudini, di tradizioni dei vari popoli che abitano il Vecchio Continente. La Storia ci insegna che un’Europa unita non è mai esistita. L’Impero romano, quello carolingio ed il Sacro Romano Impero, il dominio di Carlo V di Spagna, l’impero asburgico non hanno mai abbracciato l’intero continente ma solo una parte di esso. Tra il XVI e la fine del XIX sec. con la nascita degli stati nazionali, compatti e con confini stabiliti, erano emersi diversi motivi di conflitto legati questioni territoriali piuttosto che economiche, creando le condizioni per lo scatenarsi di una serie ininterrotta di guerre di tutti contro tutti in un susseguirsi di alleanze che venivano poco dopo stravolte in un continuo rimescolarsi di coalizioni in lotta tra loro. Con l’epoca delle grandi esplorazioni geografiche, la scoperta del Nuovo Mondo e le immense ricchezze cha da esso si potevano trarne, i motivi di conflitto erano cresciuti in modo esponenziale. Nel corso del XVII sec. venne progressivamente affermandosi una serie di regole che vanno sotto il nome di Ius publicum Europaeum, studiato e interpretato nella sua ratio in maniera magistrale da Carl Schmitt, attraverso le quali si era riusciti a conseguire un reale progresso circoscrivendo e limitando la guerra sul continente. Gli stati europei si consideravano reciprocamente come “Justi Hostes” e la guerra era considerata sempre giusta “ogniqualvolta sia condotta da eserciti militarmente organizzati ed appartenenti a stati riconosciuti dal diritto internazionale europeo, sul suolo europeo e secondo le regole del diritto bellico europeo”, ponendo un freno alla criminalizzazione del nemico ed il suo conseguente annientamento, comportamento che aveva rappresentato la prassi nelle guerre di religione del XVI sec. Non potendo evitare l’esplodere di conflitti si cercava di incanalarli e limitarne gli eccessi.
Lo Jus publicum vigente in Europa cessava però di avere valore fuori dal continente all’esterno del quale la lotta diventava sfrenata e la mancanza di ogni restrizione giuridica della guerra, faceva prevalere solo il diritto del più forte. Oltre quella linea di demarcazione continentale, la conquista dei nuovi spazi rappresentati dai ricchissimi territori del Nuovo Mondo, poteva attuarsi con il libero e spietato uso della violenza senza alcun tipo di valutazione di natura giuridica, morale o politica. I trattati, la pace e l’amicizia si riferivano solo all’Europa, vale a dire al Vecchio Mondo, al territorio al di qua della linea. Il fatto che, nel corso del XVII sec., il re di Francia, cattolico e cristianissimo, si fosse alleato con pericolosi eretici e pirati selvaggi, filibustieri e bucanieri, contro il re cattolicissimo di Spagna, mettendo a ferro e fuoco le citta spagnole in America, si poteva spiegare soltanto tenendo presente che le scorrerie di simili pirati erano avvenimenti che avevano luogo “al di là della linea”. Allo stesso tempo accadeva che Spagna ed Inghilterra avessero normali relazioni diplomatiche sul Continente mentre sui mari i Sea Dogs (“Cani del Mare”), anche noti come Corsari della regina Elisabetta I d’Inghilterra, attaccavano e depredavano i galeoni spagnoli che trasportavano in patria oro ed altre materie preziose.
Alla fine del ‘800, con la crescita del potere degli Stati Uniti d’America, aveva inizio la crisi dello jus publicum Europaeum. L’irrompere di questa giovane potenza sul teatro europeo, pur con il suo caratteristico oscillare tra il netto isolamento, dietro una linea di separazione tracciata rispetto all’Europa e l’intervento universalistico-umanitario in tutto il globo, mutava in modo radicale la situazione. L’ingresso nella prima guerra mondiale e le pesanti interferenze del presidente Wilson nella conferenza di pace di Parigi, stravolgevano le regole del diritto europeo. La Grande Guerra era iniziata come una guerra statale europea vecchio stile ed i governanti dei paesi belligeranti si riconoscevano reciprocamente come justi hostes e quello di aggressione non era ancora un concetto giuridico nel diritto internazionale. C’era stata una formale dichiarazione di guerra che, fino ad allora, non poteva essere considerato in senso incriminante o discriminante. Con il trattato di Versailles, si introduceva, in modo retroattivo, una nuova nozione di guerra, ponendo sotto accusa il vecchio imperatore Guglielmo II ed introducendo il concetto di responsabilità della guerra e di crimini di guerra. Per lo jus publicum Europaeum la guerra tra Stati sovrani non era mai stato considerato un crimine nel senso penalistico del termine mentre ora il nuovo ordinamento imposto dagli americani faceva riferimento alla morale ed alla politica anziché al diritto come sarebbe stato giusto. L’art. 227 del Trattato di Versailles chiamava in causa l’Imperatore Guglielmo II per una fattispecie di reato indeterminata minacciando una pena egualmente indeterminata con i delegati americani che richiedevano la condanna penale dei capi di Stato responsabili di una guerra di aggressione in quanto “crimine morale contro l’umanità”, insomma un vero obbrobrio giuridico.
Nel 1939 il territorio del Vecchio Continente veniva coinvolto nell’ennesima guerra tra nazioni europee ed il suo svolgimento ha rappresentato la naturale conseguenza della fine dello Jus Publicum Europaeum soppiantato dai nuovi presupposti giuridici. La criminalizzazione e la disumanizzazione del nemico, ha aperto le valvole alla ferocia ed ogni azione è stata finalizzata all’annientamento dell’avversario. Il Secondo conflitto Mondiale ha avuto punte di una tale crudeltà da far rabbrividire. Si è tornati ai tempi delle guerre di religione durante le quali le atrocità rappresentavano la normale forma di lotta. I moderni mezzi di annientamento hanno provocando un numero di vittime civili quali non si era mai assistito in precedenza ed i terroristici ed indiscriminati bombardamenti angloamericani, finalizzati a fiaccare la popolazione civile, rappresentano dei crimini che nessun Tribunale di Norimberga ha mai giudicato e condannato.
Dalla fine della guerra, l’Europa ha vissuto in pace sotto il giogo degli USA che si sono fatti carico della difesa militare contro la presunta minaccia dell’U.R.S.S. prima, della Russia poi. Come dicevamo, oggi con la guerra scoppiata al centro del continente si torna a parlare di Europa unita, indipendente e forte militarmente. In realtà ciò che interessa è che i paesi europei spendano di più nella Difesa, almeno il 2% del PIL, considerato dagli americani il minimo indispensabile, per tutti gli aderenti all’Alleanza Atlantica. Le truppe ausiliarie devono poter supportare adeguatamente l’esercito della potenza imperiale cui sono sottomessi. L’indipendenza si rivela una pia illusione, l’appartenenza alla NATO ed alla Ue, che ormai rappresenta la succursale economica dell’Alleanza Atlantica, toglie qualsiasi velleità anche di una minima autonomia. Le strategie, le modalità di intervento, l’addestramento, l’assegnazione degli incarichi comando, tutto si decide al Pentagono ed i paesi membri devono soltanto sottostare ed obbedire.
L’Europa unita ed indipendente rappresenta un obiettivo, allo stato dei fatti, difficilmente raggiungibile in quanto sono profonde le differenze di natura culturale, politica, economica, che dividono i popoli che la abitano. A poco serve appellarsi alle comuni radici cristiane perché, da una parte, in nome della fede, i cristiani si sono combattuti compiendo le peggiori efferatezze, dall’altra il crescente relativismo impedisce di considerare la religione come un valore unificante. Purtroppo gli europei continuano a comportarsi come i capponi di Renzo, litigano tra loro per delle miserrime sciocchezze incuranti della situazione di soggezione in cui versa il nostro continente.
Per secoli, i combattivi stati europei, sono stati in continua guerra tra loro, tuttavia il Vecchio Continente era il centro del mondo. Oggi, dopo ottant’anni di pace, queste imbelli e rassegnate nazioni sono ridotte a periferiche provincie dell’impero americano. E’ questo il nostro destino?